lunedì 29 ottobre 2012

post viaggio India '78, (6) riflessioni

§. Back home 
12 settembre 1978
PAK! il reimpatto a rovescio comincia a farsi sentire già sull'aereo Thai come con delle bottarelle a piccoli colpi distanziati nel tempo... Mi accorgo che mi è venuto spontaneo il dare del tu anche a persone "per bene" con loro sconcerto, poi il fatto di non aver voluto chiedere il latte nel caffé per non creare confusione chiedendo troppe cose, e per non rischiare che facciano errori (in realtà non si rischia proprio nulla, e poi la hostess capisce benissimo), l'affrettarsi a chiedere tutti e due una coca senza ghiaccio senza correre alcun rischio (in realtà non si rischia proprio nulla, e poi la hostess capisce benissimo), il sentirsi puzzare di muffa, il sentirsi spettinati, il trattenersi dal chiedere al vicino che avanza il suo piatto, se te lo passa....
I formalismi.... L'assalto dei formalismi da rispettare e più in generale la pressione di tutta una cultura, una civiltà (che è la tua) con le sue sovrastrutture mentali e comportamentali, si fanno sentire, si avvertono, si percepiscono. 
In fondo là eri fuori contesto, eri un estraneo in quel mondo, pur essendovi immerso, e lo osservavi da spettatore incantato (o disincantato) , anche un po' da "giudice"; qui invece sei coinvolto nel profondo, e ti senti irretito (o comunque io mi sento così ora più che mai) tanto quanto prima magari ti sentivi "libero" o "liberato", prosciolto. 
In aereo guardo nel mio borsello che mi sono sempre tenuto stretto, e vedo che c'è dentro ...... l'India, ancora, c'è un pezzetto d'India nel borsello ! che poi si concretizza in un certo odore, in un ammasso assurdo di oggetti sporchi e puzzolenti, e di canottiere incredibili beige-grigiastre di "scorta", di carta "igienica", di preziose forbicine (perché difficili da ricomprare), eccetera, fazzoletti, portamonete, tutto affastellato e mi accorgo che è un po' disgustante... 
Troppo cibo sull'aereo, siamo disabituati, lo avanzo (!), pur essendo buono e igienico, e già mi rendo conto che mangio più per gustare il sapore che per altro. 
E poi anche qui c'è l'impatto climatico, qui a metà settembre ci sono già giornatine fresche, come mai neppure in Nepal di notte. Per fortuna abbiamo portato con noi le scarpe e delle magline. 
Al bar della Stazione Termini mi tracanno (ho la gola secca per l'AC) il primo favoloso bicchiere d'acqua fresca naturale (=di rubinetto)...! E poi viene su un po' di esaltazione patriottico-occidentale andando con la corriera dall'aereoporto alla stazione, non potendo fare a meno di osservare la pulizia, l'ordine, la razionalità, che ci circondano: siamo ricchi....
In stazione prima di partire c'è un gruppo di romani che fanno della caciara, così solo per far casino; questo in India mai!

Ricordo tra le persone incontrate: Roberta Morelli e Riccardo Magnelli di Firenze; Dario Borso di Bassano; Giancarlo Narciso di Milano; Francesco Gandini anche lui di Milano; John Salenius e Nigel Sellman; Paolo Còzzula e Danila Zambotto, di Padova; Gianni De Meo, di Roma; Lolita Queralt Gimeno e Sylvia di Barcellona; lo svizzero Lüthi, di Berna; Sarah Hudspith e Alain Richard; Thomas Jurisch e Cecilia Cagnola, di Milano, e altri di cui non so più il nome. Grazie per averci accompagnato in pezzi di questo viaggio e aver condiviso esperienze e pensieri.

§. going backwards & recalling by mind
Cinque giorni dopo, a Ferrara il 17 settembre Annalisa si toglie i sonaglini d'argento dalle caviglie, qui non sono più portabili...
Questo nostro è il mondo delle separatezze, e delle specificità. Separatezza da tutto ciò che non è conforme alla media. E' il mondo di adulti umani "normali" che si segregano in loro ambienti urbani specifici a loro immagine. Nevrotici in ambienti nevrotizzanti. Tutto è predisposto, tutto è studiato, organizzato, deciso e impostato a priori. I bambini vivono chiusi nelle loro scuole e classi scolastiche per fasce d'età precise; i malati chiusi in ospedali in reparti specifici; i fuoriditesta in cliniche psichiatriche; i disgraziati negli ospizi; gli animali tenuti stretti al guinzaglio per il proprio diletto o espulsi fuori dalle città in ambienti geografici specifici, nelle stalle o altri luoghi appositi, a svolgere le loro funzioni, più che altro riproduttive per fini produttivi (=cibo, pellame ecc), ad esistere solo in quanto utili e/o utilizzabili. Tutto il tessuto relazionale naturale è spezzettato, separato, stracciato, e ordinato, il tessuto sociale che si costituisce in funzione della bolla ecoambientale che ci conviene.
E con le separatezze, le specificità: ci sono luoghi e anche tempi specifici per ogni cosa e azione, non si può derogare, è altrimenti riprovevole e sanzionabile.  Ognuno dunque si autocolloca e si autoregola di conseguenza, per non essere riprovato, rimproverato, rifiutato, ridicolizzato, respinto dagli altri che lo controllano, e che anche lui dovrebbe controllare a sua volta. 
Si fa così, non cosà, lo si può fare qui e non là, solo ora e non in ogni momento, ci sono occasioni e modi opportuni per non essere inopportuni o importuni.
Mentre nella dimensione del viaggio, del viaggiare libero, non è così. Sei fuori contesto.
Qui da "noi" invece tutto diviene funzionale a qualcos'altro, e solo così l'intero meccanismo si mantiene in moto, e va ben lubrificato perché non si inceppi. Tutto riceve significato, viene dotato o meno di senso se è visto in funzione di ... Se no è insensato, è insulso, perché è privo di significato, e di senso in sè stesso, di per sè, non ha un valore intrinseco, quindi viene espunto. Non ha ragione d'essere.
Si va in un posto in un preciso momento perché c'è una ragione per questo, ci si mette in azione col fine di fare una certa cosa che lì si fa e là no, e la riprova della sua correttezza la si misura con il risultato, si agisce soltanto per i risultati. L'azione la si compie in un luogo e in un momento dati per poter dare poi senso al trovarsi in quel luogo in quel momento in virtù dei risultati. Non è concepibile nulla di gratuito.
Bisogna concludere perché non si può rimanere a lungo, troppo a lungo, facendo quella cosa, bisogna poter passare ad altro altrove, in altra situazione e contesto, per dar luogo e tempo ad altre faccende con ulteriori finalità. Si deve sempre essere costruttivi, proficui, realisti, razionali.
La mia India è l'indistinto, il non necessariamente razionale e giustificato, è la grande esposizione della vita e del mondo, è il mercato-piazza-salotto-foro permanente, la società dello spettacolo fine a sè stesso, della creatività, della prova di coscienza intuitiva, e anche dello stordimento spiazzante, della impotenza, e della libertà.
Massì! le abbiamo viste foto dell'India, e certe immagini proprio di quel posto lì .....
Le immagini, cosa sono mai se sono senza odori, suoni, o meglio in questo caso più che altro puzze e rumori ? cosa sono senza il caldo, l'umido, il nuvolo, il clima, l'oppressione atmosferica, il bagnato, lo sporco, il sudore, il movimento, l'intralcio, e tutto l'essere in situazione? E comunque chi guardasse una immagine anche completa di tutto questo, sarebbe sempre uno che è in un altro stato d'animo e che osserva senza esserci, senza compartecipare e condividere, senza sentirsi profondamente parte e partecipe, ma essendo esterno, e volendo estraniarsi almeno un poco. E' così, è un estraniato, e l'immagine non è per lui nulla d'altro se non uno stimolo a suoi pensieri in gran parte già pensati. Non si sente coinvolto e soprattutto spinto a dover interagire...

Son passati già quasi quattro mesi, e ora, dopo che anche i sedici giorni lungo il Nilo in tenda sono  finiti, e dunque domani saremo di nuovo a casa nostra, dentro la routine quotidiana, ecco che a Il Cairo domenica 7 gennaio 1979 io mi tolgo anche i laccetti (sporchi e consunti) che mi avevano messo al polso a Benares.  finis finorum...

§. 3 che cosa ha rappresentato per me questo viaggio

Siamo stati là due mesi e una settimana, con pochi soldi (a parte il biglietto aereo che trovammo a un prezzo eccezionale, avevamo da spendere 115 mila lire a testa, più dei soldi dateci dai genitori da usare per emergenze urgenti, da non toccare mai), sempre in giro: è stato un viaggio "particolare". Non so se ricordate quelle riflessioni sul viaggio che facevamo con Gianni De Meo a Madras e Mamalllapuram, e di cui ho riferito più sopra...
Di questo viaggio in India quel che conta veramente è alla fine il confronto con sè stessi, l'autosservazione delle proprie reazioni riflesse nei confronti del paese, della società, della sua cultura e spiritualità, e della sua gente. Ognuno alla sua maniera, con i propri problemi e la propria mentalità, ad un certo punto deve uscire "allo scoperto" e confrontarsi col prossimo.

Sul piano meramente turistico questa è certamente una vacanza interessante per tanti motivi, ma nella prima parte del viaggio specialmente, mi è interessato altrettanto analizzare le mie reazioni. Il rigetto di fronte al gran disordine, alla sporcizia eccessiva, e alla mancanza del concetto stesso di igiene. Mi sembrava prima che queste cose non avessero per me molta importanza, che ci fosse una grossa capacità di adattamento. Anche il tipo di mangiare di un determinato paese in fondo ci era sempre andato bene e anzi provavamo un certo disprezzo per un certo tipo di persone per nulla adattabili, per es, per gli ospiti di certi hotel che criticavano il cibo e il servizio (e in parte con ciò giudicavano negativamente un paese). Invece ho osservato che forse si tratta solo di una questione di differenza della soglia di sopportazione.
Ci portiamo dietro la nostra educazione, anche su queste cose apparentemente di poco conto, che invece fanno parte di noi sostanzialmente. Le mille piccole cose di cui non riusciamo a fare a meno, a cui non riusciamo a  rinunciare troppo a lungo, e altre che acquistano una dimensione diversa a quanto si presupponeva...
Ad esempio, diceva Dario Borso che a lui mancava molto l'ascolto di musica classica, a cui è abituato, e che qui non è proprio possibile sentire (lo dicevano anche gli anglosvizzeri ad Udaipur).

Un altro esempio è nella sopportazione di chi ti importuna perché vuole, esige da te, la carità, un regalo, una mancia, dei soldi. E ti sta appiccicato sinché non cedi. Oppure quelli che non smettono mai di contrattare e di offrirti un oggetto che non ti interessa o non ti piace e non sai come farla finita con loro. In realtà sono persone che invece di chiederti la carità ti danno una cosa qualsiasi in cambio, ma in definitiva vogliono i tuoi soldi perché ne hanno un disperato bisogno e ritengono che tu ce li abbia e che tu ne abbia molti di più di quelli che ti servono. Ricordo un lustrascarpe che voleva lustrarmi i vecchi sandali che avrei gettato alla fine del viaggio, e io dicevo che non ha senso lustrarli, che non mi interessa, e che non voglio. Ma lui non mollava, e in realtà aveva bisogno di un po' di soldini, ma non voleva carità.
Come siamo stati male, male dentro, un giorno che un padre di famiglia che girava col suo ragazzino per chiedere delle monete e che ci ha abbordato, ma noi le avevamo finite le monete, e le banconote che avevamo con noi erano ben nascoste, e anche non ne avevamo più di tagli piccoli, per cui non volevamo né tirarle fuori, né dargli una banconota. Così non sapendo più come dirgli "non ne ho", "non posso darti nulla", perché non ci credeva e comunque non gli importava capire le tue ragioni; non desisteva neanche spiegandogli che con noi avrebbe sprecato il troppo tempo inutilmente e che era meglio per lui se si dedicava a qualcun altro (ma probabilmente neanche sapeva l'inglese...); allora ci siamo messi a correre pensando che così avrebbe capito che con noi non c'era nulla da fare, e cercando di seminarlo, e lui invece ci è corso dietro, e alla fine ci siamo nascosti dietro a delle colonne e lui ci ha trovati .... Robe da pazzi! sarebbe una scena tutta da ridere, se non fosse tragicomica. Ci siamo poi molto a lungo interrogati su quel che avevamo fatto.
Il fatto è che se tu dai a un ragazzino subito ne arrivano altri dieci che lo hanno visto, e non puoi dare a tutti, né passare tutto il viaggio così, a dare e dare a ogni passo. E dunque la conclusione è che per te il fare questo tuo viaggio con quei soldi che ti sei portato, è più importante del confrontarsi, raffrontarsi con la povertà anche estrema. Sei disposto a dare solo fino ad un certo punto, e ognuno ha un suo metro variabile. Da allora ho sempre avuto consapevolezza del mio grado di egoismo. Non tutti nascono santi, o madre Teresa di Calcutta... Ma non è facile da accettare questa immagine di sè.


In India nel 1978 si vedono moltissime persone che dormono in strada, pagando pochi paisa (centesimi di rupia) per una branda all'aperto, oppure dormendo sui marciapiedi, o che vivono proprio in mezzo a una strada, sotto un telone con tutta la famiglia, o/e che soffrono la fame (anni fa -1966- si lanciò anche in Italia una sottoscrizione per combattere la fame in India; e l'anno scorso una per aiutare le vittime del ciclone), si vedono in giro malati, menomati, lebbrosi .... abbandonati a sè stessi, che mendicano, e sono così tanti che non so se mai in futuro potranno risolvere il problema della estrema povertà, della miseria e della emarginazione.... Si pensi che a Calcutta le persone senza casa, o comunque senza dimora, sono il 10 per cento, e a Bombay il 7%, mentre quelli che vivono negli slums (cioè in baraccopoli o tendopoli) a Calcutta sono il 35% e a Bombay il 38% .... (mentre a Madras negli slums sono 31%, ma per strada, cioè del tutto homeless, sono pochi...). Avere visto direttamente di persona tutto questo sfacelo, questa miseria materiale e morale, è stato un vero shock.
capanne di paglia addossate a un muro, a Calcutta
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Qui ci si rende conto (se uno sta facendo un percorso un po' alla ventura e con pochi soldi) che non si parla più del pranzo o della colazione o della cena, ma si parla -quando ci si incontra- del cibo, del mangiare, a volte non si nominano neppure bar, trattorie, ristoranti o altro, ma luoghi per mangiare. Si parla di cibo in generale, ci siamo cibati di ..., il cibo oggi era decente, o saporito, e si parla della sua digeribilità, del suo essere commestibile... si parla di digestione e problemi annessi e connessi, e quindi anche delle funzioni fisiche, e se ne parla con gran semplicità anche con persone mai viste; tu come vai di corpo? fai abbastanza pipì? che cosa bevi di solito? ecc.

Si mangia poco, sia perché non è tanto buono, sia perché dopo un po' ti stufa, sia perché è troppo piccante, sia perché non è facile trovare un buon posto per mangiare, e a un livello economico; per cui praticamente si mangia di solito una volta al giorno, e non poi proprio tutti i giorni. Dopo un po' non si ha più nemmeno tanta fame, sopraggiunge una certa disappetenza. Anche perché fa caldo, ti si è ristretto lo stomaco, si va di corpo abbondantemente, a volte l'igiene è "un po' carente", a volte devi saltare per forza (sei in bus ad es.), insomma poi ti abitui a poco, e ti basta.

In India si scopre anche il rapporto col proprio corpo, che è un rapporto totale, non limitato solo a certi momenti, ad es. quando si richiede uno sforzo, o quando ti si richiede un dispendio di energie, magari per un fine ludico, ci sono occasioni in cui hai bisogna di avere fiato, o una spinta vitale particolare, il che non si limita a occasioni di fatica, o sportive, o di carattere sessuale, ma riferendosi al corpo tutto in ogni istante, nel suo pieno esercizio delle sue facoltà, o anche semplicemente nel suo corretto funzionamento, e nella sua stessa prestanza e presenza, ed in quei momenti in particolare ti identifichi finalmente con tutto te stesso, pensiero, volontà, spinta, carica energetica, ecc.
In India molti motivi possono mettere in crisi questa relazione, perché non tutto ti viene così senza averne consapevolezza, spontaneamente, o per il caldo afoso, o per il sole forte, o per la mancanza di cibo adeguato, o per un anche leggero malore o indisposizione, per la spossatezza dopo troppe scariche di diarrea, o per non aver dormito e riposato bene a sufficienza, eccetera, un leggero mal di denti o di gengive, o della polvere negli occhi, eccetera. E allora scopri anche nella vita quotidiana e nel normale esercizio muscolare per il camminare, o altro, che dipendi dal corpo, non riesci nemmeno a pensare correttamente se stai troppo a lungo sotto il solleone (una volta nel cortile di un tempio sono svenuto per un colpo di sole), o a camminare normalmente in una grande corte di lastroni di pietra avendo dovuto entrarvi scalzo, cioè non ti basta la volontà, la presa di decisione, l'entusiasmo, ti possono sì aiutare ma nei limiti consentiti dal tuo corpo. Questo nella nostra vita quotidiana nei paesi del benessere non ci succede che molto raramente, in casi eccezionali, o per motivi sportivi o amorosi, o altro, mentre qui puoi sperimentarlo anche ogni giorno, nella banalità del vivere quotidiano e dei suoi atti.

Una volta c'era così caldo che non potevo misurare la febbre con il termometro a mercurio sotto l'ascella. E' una strana sensazione quella di sentire di avere la febbre, ma di non essere più caldi del calore esterno. Che sensazione particolare...  essere caldi nel caldo, nel più caldo...

Sentirsi dentro, un corpo che è tutto "pieno", e non è solo un involucro, ma è pieno in quanto fatto di interiora e non solo di ciò che si vede, ed abbandonarsi al languore e alle sensazioni fisiche varie che ti vengono dal di dentro, e che ti suggeriscono di guardare al tuo interno e fare mente a loro, non più solo alla esteriorità, allora ti rendi conto che "loro" sono te, e tu sei "loro". Non puoi più dire mi succede questo, non so perché faccio certe cose, mi è venuto quel pensiero, o quello scatto, quel gesto... sei fatto così, con anche i tuoi familismi generazionali, hai un tuo corredo genetico, hai una certa conformazione organica, disponi di quel corpo, e di come è in questo momento, con il tuo sistema nervoso, il tuo sistema simpatico, i tuoi automatismi, il suo stato di salute, il suo equilibrio elettrochimico, ecc. Bisogna dunque instaurare un colloquio con sè, con la materia di cui è fatto il nostro corpo (un corpo spesso). Questo è qualcosa di differente rispetto al colloquio interiore, al colloquio intimo, che pure è estremamente importante, e che dopo l'esperienza di questo viaggio ho deciso di curare in particolar modo.

Stavamo ripensando a luoghi come Swayambunath o anche Goa, o altri in India, dove sono andati a vivere per un certo tempo o definitivamente non pochi giovani occidentali.
Capisco quel desiderio di non tornare, di rimanere, al limite anche quel piacere del perdersi che abbiamo percepito in certe persone...

La fuga è da rivalutare come scelta. Si da solitamente una accezione negativa alla fuga, dicendo che in sostanza è tutta solo intrisa di illusioni e di miti sui luoghi ove si fugge a rifugiarsi, che vengono caricati di tratti positivi solo per quel che possono rappresentare in contrasto con quei tratti che rifiutiamo della nostra realtà, della nostra società e cultura, a noi anche troppo noti e divenutici insopportabili.
In effetti, se si approfondisse maggiormente la nostra conoscenza della realtà sociale dei luoghi di fuga, ci si accorgerebbe che presentano una bilancia tra positività e negatività spesso non diversamente sbilanciata rispetto a quella realtà che si rifuggiva, e va bene, ma proprio questo mi fa rivalutare, o rispettare la fuga come scelta: solo con la fuga certe persone possono ritornare a poter nutrire illusioni e quindi fruire positivamente di quanto ci offre l'ambiente, e a vivere sè stessi come posti in una condizione accettabile, se pur non desiderabile in assoluto.
Certo la fuga ha con sè la propria stessa negazione, dato che la sua caratteristica principale non può che essere la provvisorietà o la non-normalità.

In altri viaggi in altri paesi non avevo provato questo bombardamento continuo di stimoli, sensazioni, emozioni, curiosità, incomprensione, desiderio di capire ... Semplicemente sentivo parlare una lingua diversa, e vedevo stili diversi dai nostri nelle cose e nelle relazioni sociali, e poi mi piaceva avere visto posti, monumenti, luoghi, paesaggi, eccetera, per soddisfare il mio gusto del bello o per soddisfare la mia volontà di conoscere, di sapere, per il piacere di vedere altri paesi, genti, contesti geografici e umani. E restava la curiosità di approfondire, di sentirmi dare spiegazioni, interpretazioni, suggestioni.

Insomma invece in questo primo viaggio così lontano ho avuto lo shock da spaesamento, che è stato molto importante e proficuo, poi ho avuto modo di vedere con i miei occhi una modalità diversa di vita, una mentalità e una cultura diverse dalla nostra (non solo italiana, o europea, ma anche occidentale in generale, o anche in senso ampio mediterranea) e constatare direttamente quel che avevo studiato in testi di antropologia culturale. Ho visitato, ho attraversato e osservato una società pre-industriale, un modo di vivere, una cultura, di tipo pre-industriale. Inoltre ho visto ad es. una spiritualità e una religiosità differenti da quelle europee e mediterranee, e questo mi ha fatto molto riflettere su cosa sia infine la spiritualità stessa in generale; ho constatato una dimensione diversa del tempo, di come viene concepito e vissuto. Quindi non solo paesaggi e natura e clima diversi dai nostri, ma anche una storia, una architettura e un arte e una musica diverse dalle nostre, e mi sono sentito più profondamente che non in viaggi in paesi circonvicini, in una dimensione di Altrove. L'altrove dunque è fatto di lingua, religione, cucina, arte, storia, filosofia, medicina, musica, danza, paesaggi, quindi di altri spazi e altri tempi, di usi e costumi, e mentalità, rapporti sociali, e insomma di tutto ciò che contribuisce al tuo senso di identità, in quanto sono gli elementi con cui ti identifichi totalmente e in quel quadro costruisci la tua stessa personalità, esprimi te stesso servendoti di quei mezzi, quei modi, quegli strumenti, come tuoi, considerandoli come quelli ovvi, normali e comuni.
Quindi tutto ciò mi ha stimolato per viaggi futuri, ad andare a vedere comunque non solo  monumenti o volti, e bei costumi, ...e ho constatato che comunque l'essere in un Altrove ti stimola a certe riflessioni, su tante cose, e anche su te stesso, più che non il semplice vedere luoghi.
Infine come ho già detto più sopra, mi ha shockato il confronto con la miseria, con la fame, con la povertà più estrema; e anche mi ha schockato il dover confrontarmi con le mie reazioni, e così conoscere un aspetto di me stesso. Tutti in India debbono risolvere a proprio modo il confronto con questo problema: del dare o non dare, e di quanto e cosa dare, e provare a toccare con mano quanto è ferreo il limite che si sono autoimposto. Tutti comunque fanno passare con priorità davanti a tutto, l'imperativo di compiere il viaggio per cui sono venuti fin qui, anche a scapito di chi ha necessità urgente della tua carità... e non si tratta di personaggi di una foto o di un documentario su un luogo lontano e sconosciuto, ma di persone reali e viventi che sono lì di persona di fronte a te...



L'India ti respinge (per la mancanza d'igiene, per la sporcizia, per la miseria, per le malattie, per le infezioni che ti puoi prendere, l'odore di stallatico, la puzza di fiori marci, ecc.) e nel contempo ti cattura, ti trattiene, ti ammalia e ti affascina, o per lo meno ti incuriosisce, e comunque ti interroga mentre la interroghi. E più approfondisci e più scopri una spiritualità e una cultura ricchissime. Ma che cos'è dunque questa India mista di immaginario tuo e di realtà sue ? è la tua, non esiste l'India in assoluto, tante sono le sfaccettature di quella realtà che è impossibile semplificare e ridurre ad unità. 
Giustamente il traduttore e curatore dell'antologia di Arthur Schopenhauer sui suoi viaggi in Asia, l'ha intitolata in italiano "Il mio Oriente". 
Effettivamente visto in questi termini, ognuno ha la sua India (anche H.Hesse diceva qualcosa di simile). E ognuno compie -come si esprimeva il reporter Giorgio Manganelli nei suoi articoli sulla rivista "Il Mondo" nel 1975- un "Esperimento con l'India"... tutto suo, molto personale...

Vieni in India, avrai la "tua India", e non avrai altra India che la tua... e nessuno potrà cancellarla né togliertela.

F i n e


 uscito nel giugno 1979


per la lettura completa delle otto puntate su questo viaggio del 1978, vedi:

Pakistan (9.sett.12); poi Amritsar - Old Delhi (5.nov.12); poi Rajahstan - Agra - Benares (6.nov.12); quindi il Nepal (1.dic.11); Calcutta-Madras (24.ott.12); a Goa (25.ott.12); e su Bombay e Elephanta, con il rientro via Karachi ( 26. ott. '12); e infine il presente scritto per le considerazioni post-viaggio ( 29 ott. '12).

già avevo pubblicato su questo mio Blog le foto del nostro viaggio in India compiuto nel 2004 nell'India Nord-Ovest (vedi le 18 puntate tra  la fine di ottobre e l'inizio di novembre del 2011). Mentre per il diario del nostro viaggio compiuto nel 2006 nell'India del Sud, con anche la visita di quattro differenti ashrams (luoghi di ritiro spirituale) vedi il post del 26 luglio 2011.

venerdì 26 ottobre 2012

INDIA '78, (5) Bombay e Elephanta

8/9 settembre '78
In viaggio verso Bombay con il treno
Stiamo tutto il tempo insieme con una famiglia con due gemelline piccolissime, tutte truccate pesantemente come delle bamboline. Il loro sistema per farle addormentare o calmare, che quasi sempe funziona, è quello -già visto altre volte- di metterle sdraiate sulle gambe della mamma,  distese e con le caviglie incrociate, un po' inclinate verso il basso, con le bimbe a pancia in giù e a testa in giù, e muovere ritmicamente le gambe in modo molleggiato, dandole delle pacchettine leggere sulla testa e sul culetto e sulla schiena. Si assopiscono, magari canticchiando una canzoncina dolce. Altre fanno i famosi massaggini che mi paiono molto più gratificanti. Per giocare anche, le mettono sulle proprie gambe unite, appoggiate col tallone sul sedile di fronte, e le siedono lì, facendo cavalluccio.
Per altre cose invece c'è molto meno attenzione rispetto a noi, le prendono su come viene, con magari la testa all'indietro, non fanno fare il ruttino, le sbatacchiano, ecc.
Anche i bimbi piccolissimi hanno una catenina o almeno un cordino sul giro-vita. I piccoli non li sgridano praticamente mai, finché piccolini, ma poi ... certi urli... però i bambini/e e ragazzini/e sono liberi di girare, fare, provare, e scorrazzano per conto loro facendo le loro esperienze.
le sigarettine beedies di foglie arrotolate

BOMBAY
Dato che col treno si viene giù attraverso i quartieri nord, Bombay [ora denominata Mumbai] ci appare subito nella sua veste più tragica e autentica, con gli slums, cioè con le tendopoli e baraccopoli di periferia (e non solo), puzza di piscia, di fiori marci, ...
C'è gente che si lava accovacciata davanti alla tenda o baracca, o che caga solo un pochino più in là con il suo secchiellino d'acqua trasportabile che serve per pulirsi il didietro.





Ormai chi si stupisce più di santoni deambulanti, giocolieri, saltinbanchi, tizi con delle scimmiette, o con i cobra, mendicanti per terra, malati, gente che ti offre droga, tipi di tribù diverse, o con strani abiti, o atteggiamenti ??
In stazione i treni sono super straboccanti. Anche se Victoria Terminus è un grandioso edificio anglo-indiano, e le vie adiacenti sono piene di bei negozi.

La lingua prevalente è il marathi, parlato da metà della popolazione della città, da cui viene il nome dello Stato del Maharashtra.
Nella sua parte centrale e residenziale è anche una bella città, andiamo lungo Marine Drive fino alla punta del Malabar, dietro a cui c'è la villa ex britannica del governatore dello Stato.

Naturalmente vogliamo andare al quartiere di Colaba a vedere la famosa Gateway to India, l'entrata all'India, una specie di arco di trionfo che fu eretto in onore della visita del re Giorgio V nel 1911. Sulla spianata gettata sul mare (Apollo Bunder) si fanno molti incontri.


C'è il mare (l'oceano indiano appunto) che ha sempre un grande fascino, la città è marittima, dato che è cresciuta grazie all'apertura del canale di Suez, e continua a svilupparsi come grande porto.

E inoltre anche qui c'è lo spettacolo umano che comunque stupisce e affascina sempre, e fa venire voglia di girare, girare, girare ancora per vedere altra gente altri usi e costumi ...



Qui ci sono non solo hindu e musulmani, ma anche indiani cristiani, e ancora ci sono dei britannici ed europei. Ma c'è di tutto, jaïn, e buddhisti, e ebrei, e la  piccola ma antica e attivissima minoranza dei Parsi (zoroastriani di origine appunto persiana).  Ci sono ricchi che vivono accanto a poverissimi,  persone apparentemente messe male che sono però colti o saggi, e persone messe su bene che sono ignoranti o idioti (e viceversa), neri (del sud) e bianchi (del nord), ragazze in jeans e altre col foulard incollato alla testa stretto-stretto... E' una megalopoli di 8 milioni di ab.

Insomma l'India è un po' la patria della complessità, stare qui è anche un bell'antidoto alla inclinazione alla semplificazione, perché qui tutto è evidentemente e palesemente complesso e complicato, sia se si considera la situazione per quanto riguarda le lingue parlate dalla gente che incontri, che per quanto riguarda le religioni (e all'interno di ciascuna di esse), o per la scrittura, o per la storia, o per quanto riguarda le componenti del sentimento di identità, o per quanto riguarda l'economia e i suoi problemi, o la demografia (che sembra in esplosione nella misura in cui per certi ceti le cose stanno migliorando, e che quindi vanifica i miglioramenti....), o per la politica dei governi e dei partiti (e all'interno di ciascuno di essi), o per quanto riguarda i problemi del federalismo, e della unità del Paese, dei diritti di ciascuno Stato, e di ciascuna comunità, e il vivere uno accanto all'altro in coesistenza pacifica, e altrettanto complessa è la situazione sotto il profilo culturale, eccetera ecc.

Andiamo anche qui all'ostello dello Salvation Army, di cui ci avevano dato l'indirizzo: nel quartiere del Fort (la zona originaria del Fort saint George), in Mereweather Road, parallela allo Strand sul mar Arabico, sul lato ovest. Anche qui si chiama "Red Shield hostel". Con la colazione e forse un pasto, viene, tasse comprese: 37,10 rupie in due.

E persino qui, nell'ambiente di questo ostello, troviamo conferma: ci si ritrova a parlarsi tra gente che si riconosce reciprocamente come simili, possibilmente con gli occidentali, e ci si mostrano gli acquisti, si parla di fantastici o immaginari affaroni possibili, a sognare di commerci strabilianti con i quali assicurarsi di poter viaggiare poi per il mondo. O/e comunque ci si da informazioni e dritte utili e importanti, e ci si racconta le avventure o le cose viste e fatte. Si racconta di posti da favola, esistenti qui o lì in India o in Oriente, che magari poi si assomigliano un po' tutti, e che li hai già visti più o meno anche tu, ma che nel sentirne raccontare acquistano nell'immaginario dell'ascoltatore un qualcosa di mitico, e hanno del fascinoso, questi racconti per quanto scarni e asciutti rendono comunque fiabesco anche ciò che oramai potresti ben considerare come lo spettacolo quotidiano ...

A Bombay si può mangiare di tutto, per es. delle polpettine (kofta) fatte di cipolle dolci con farina di ceci, spezie varie, peperoni verdi non piccanti, yogurt, lievito e infine fritte nell'olio, e poi spruzzate di succo di lime. Riso pilaf con uvetta e anacardi, zafferano cipolla, alloro, cucinato con brodo vegetale. O del pollo allo yogurt con spezie, o pollo hara masala, con la mela schiacciata e lo yogurt. Oppure delle uova fritte con patate tagliate fini a fiammifero, peperoni verdi non piccanti, e erba cipollina.
E poi, essendo la fine viaggio, eccoci anche noi nel trip assurdo degli acquisti frenetici dell'ultimo momento, delle polemiche con i vari tizi per ottenere di pagare qualche rupia in meno... Dietro al famoso albergo "TajMahal Hotel", del 1903, c'è la via Colaba Causeway, con un brulicare di bancarelle, e infinite viuzze e vicoli laterali. Andiamo al Chor bazar, il "mercato dei ladri", cioè il mercatino "delle pulci", dove però si mescolano anche vari bei negozi e empori sotto controllo governativo (su prezzi e autenticità e qualità). Finiamo tutto quel che ci è avanzato (! sì è incredibile ci è pure avanzato qualcosa... dalle nostre 115 mila lire a testa: cioè in pratica quello che avevamo portato di scorta per qualunque evenienza urgente, e ora ce lo spendiamo) comprando della crèpe-georgette di seta per fare una camicia, a 3500 L.; e anche tre grandi bei foulards di seta. Altri mercati famosi sono il Crawford market, e lo Javeri il bazar dei gioielli attorno alla omonima moschea dallo stile stranissimo, dove prendiamo un bellissimo bracciale d'avorio antico, del Rajahstan con chiusura d'argento, per 15 mila lire. E altre cose, così anche stavolta torneremo con zero lire in tasca...
Andando in giro per la città ci re-incontriamo, ci si incontra prima o poi sempre in questo oceano umano, anche perché ci si vede da lontano, essendo gli unici veramente diversi. E' incredibile incontrarsi in questo sterminato grande Paese
la spiaggia di Chowpatty, molto popolare

dove i "nostri" costituiscono un piccolissimo gruppo a parte, forse anche un po' "provincialotto", forse come una casta, o una sotto-casta, stagionale, provvisoria, mutante nei suoi membri componenti individuali, ma sempre presente. Così era stato l'incontro con quello che era il fratello di Esoj; e che dire poi di Francesco Gandini di Milano (tanto simile a un certo Erminio, amico di mia madre) con le sue gustosissime collezioni, e i suoi racconti delle avventure a Sumatra o piuttosto in Perù ... E in seguito a sua raccomandazione ("ci sono sculture di raffinata e squisita fattura"), andiamo a fare una escursione in battello all'isoletta di fronte, a 6 miglia dal porto. Ancora un poco dunque in viaggio...

ELEPHANTA ISLAND
Ancora a scoprire qualcosa da vedere, a superare barriere di indolenza, e piccole complicazioni. Così il traghetto un po' scassato per l'isola di Elephanta ci faceva sentire di essere ancora in pieno viaggio e non alla sua conclusione. Ancora un po' di sole fortissimo, e poi ancora un pizzico di assurdo sorprendente: senza accennare al caos del prendere il biglietto della barca (5 rupie e mezza) e salirci, all'arrivo è un arrivo senza arrivare a destinazione ... Cioè il barcone si ferma poco prima della pensilina scassata, e pur essendo a pochi metri, per toccare terra dobbiamo trasbordare tutti quanti su una barca spinta con dei pali. Ci vorrà un bel po' di tempo, dato che siamo di più della capienza della seconda barca. Una occidentale continua a dire but it's crazy, it's impossible! I don't understand...

L'isola è da due colline a panettone, intatta nel suo verde lussureggiante, "distaccata dal Mondo", con il suo villaggetto calmo e sereno, le sue donne piccole e colorate, sorridenti e tutte lente. Poi ci sono da fare centinaia di scalini, per cui si offrono dandi e portantine, e ci sono i gridi di quelli dei baracchini di Campa Cola (a temperatura ambiente). Si va verso le caves, le grotte scavate e scolpite a partire dal 550, con opere di arte Gupta. La scultura rupestre è detta Lenen, ed era molto sviluppata in India. "La pianta è sostanzialmente quadrata -scrive H. Zimmer nel suo libro del 1936 sul simbolismo nell'arte indiana- e rinvia a mandala e yantra". Si utilizzarono grotte soprattutto nel primo periodo duddhista, poi con il declino del buddhismo in India questo luogo sacro fu riutilizzato dai fedeli al culto shivaitico.



Stupendi i bassorilievi a Shiva seduto sul fior di loto, e su Shiva Nata Raja, signore della danza, la danza cosmica, che balla incessantemente il danzatore supremo.

E prima dell'entrata le scimmie, invadenti, buffe, penose, che ispirano anche tenerezza. Scimmiette piccole e con i loro piccoli piccolissimi... Ma serie.
E le donne operaie che trasportano terra e pietre sulla testa, che hanno il saree dentro tra le chiappe perché è legato da un capo che passa tra il sedere. Sorridenti!. Quelle che vendono l'acqua poi sono immerse in un tempo differente dal nostro, con giornate di forse 224 ore, tanto sono immobili e calme e lente. Ti chiedono che ore sono, subito appena ti vedono, senza prima salutarti, per non perdere l'occasione, e poi discutono sul significato di quel che hai risposto e continuano a ripetersela tra loro. Anche queste sorridono.

Chissà forse quello di quest'isola mi è sembrato un mondo così sospeso nel tempo, perché era in realtà l'intimo addio, anche se non volevo riconoscerlo come tale, e l'isola di Elephanta in quel momento era per me tutta quanta l'India, l'ho vista come un'isola di "alternativa" al Mondo, ma anche di tradizione perenne che tutt'ora sussiste, distaccata dalla realtà del continente, e della prospettiva di sviluppo industriale che pure la fronteggia e minaccia, sulla riva di Bombay.
 Il simbolismo del tempo e del suo liscio Lingam di pietra scolpito nella, e traendolo dalla, roccia della montagna,

e d'altro lato del mare della centrale nucleare (sigh...!) che le sta di fronte con il bulbo del reattore atomico, colpisce veramente molto, profondamente, ed è proprio emblematico.
La visita al tempio ricavato nella pura roccia, non può assolutamente essere disgiunta nel ricordo e nella sensazione avuta, dalla prolusione dello speaker, che sembrava come volerci riconnettere al discorso di quel signore a Kanchipuram, per riprenderlo proprio là dove quello si era dovuto interrompere (essendo io svenuto), e infine concluderlo, sempre con la presenza di una testimonianza materiale figurativa di fronte a noi, che "esemplifica" il contenuto della spiegazione...
Non si poteva proprio lasciare l'India anche per questo..., senza cioè recuperare il discorso filosofico- spirituale, in chiave simbolica, che ora fa capire meglio tante cose della cultura hindu, finalmente, e che non è affatto disgiunto da altri piani di feeling della civiltà indiana e del vissuto esperienziale nostro di questa India e di questo viaggio. Ma anzi ne è la base necessaria, e la chiave indispensabile e unica per la comprensione di tutto questo mondo e della sua realtà.
Lord Shiva Mahadeva a Elephanta esercita un fascino misterioso, una attrazione magnetica: è di pietra, scuro, sembra di onice, a tre volti (la Trimurti), enorme, ed è là dentro nell'oscurità di quella grotta scavata nella montagna. Il busto è alto 5 metri e 70, molto ben conservato.



Poi oltre a questo Shiva triforme, c'è un bellissimo Shiva androgino, in cui il principio maschile e quello femminino sono complementari e unite. E infine quello in cui la dea del fiume (la Ganga) scorre con le sue acqua attraverso la capigliatura di Shiva. Figure tradizionali e ricorrenti, ma che qua sono espressi in una forma artisticamente perfetta, con in più la suggestione del fatto che siano state (sculture e ambienti architettonici) ricavate scavando la dura roccia, e la suggestione della semioscurità e del trovarsi nele profondo delle viscere di madre Terra.
A casa ho alcuni dei libri di mia nonna materna (di Vivekananda, Aurobindo, Tagore, Kumaraswami, e altri indiani, e di De Gubernatis, R.Rolland, De Lorenzo, Tucci, Neumann, Yeats-Brown, Guenon e altri), e un bel libro proprio sull'arte indiana di mio nonno paterno (di Leon Preiss), che andrò a riguardarmi e a leggere meglio dopo il rientro.



Infine, sbarcati al molo del Gateway of India, purtroppo andiamo a Victoria Terminus (grande stazione, e in un bello stile anglo-indiano, del 1888), quindi dalla railway station con il treno-metro-di-superficie scendiamo il più vicino possibile all'aereoporto, e quindi con un tuk-tuk (taxi-scooter) ci rechiamo all' aereoporto con il dovuto anticipo ..... (che code!!! e quanto tempo....di attesa...).



§. Noisy Pakistan again


Dopo il nostro bel viaggione per l'India (e Nepal), dunque torniamo a Karachi con volo delle aereolinee indiane da Bombay l'  11 settembre 1978, che ci è costato ben $130 dollari (ma ci risparmia un gran giro). All'aereoporto all'arrivo rivedremo i doganieri Paki che ci perquisiranno ovunque (e noi intanto pregavamo che loro non fingessero di trovarci della roba addosso o nello zaino....). Certo sono sospettosi nei confronti di chi proviene dall'India nemica di ieri (la guerra di sette anni fa, ha causato molti morti e ha portato alla spaccatura del Pakistan in due). 
Poche, pochissime parole su questo dover ripassare da Karachi, su questo breve riaffondare nelle sabbie mobili degli islamisti che ti vorrebbero trattenere per inghiottirti. D'altronde perché stimolare il ricordo con troppe parole ulteriori? Ci è bastata quella sensazione che rimane e rimarrà per sempre in noi...
Solo poche cose gradevoli dunque. Ricordo: le facce, le barbette, le "papaline" ricamate, certi turbanti con pennacchi di uscieri e inservienti, i baffi, certe scarpe. Meglio non dir nulla invece di retiring rooms, toilets, minibus, autobus, treni e altro;  e tantomeno delle povere donne soffocate e sommerse sotto i burka, con solo una retìna per sbirciare attraverso, magari davanti a un solo occhio (!). 
C'è comunque stata da parte nostra una riconsiderazione delle condizioni di Karachi alla luce di raffronti con certe città indiane (tipo Benares o Calcutta), per cui in fondo ora Karachi ci sembra decisamente meno scassata che non al primo giorno. Ci tornerei ora più rilassato di allora...

Per poi da lì prendere finalmente il volo di ritorno della "Thai Airways" (smooth as silk).

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P.S.: le foto le feci con la vecchia macchina fotografica di mio padre, e quindi quasi tutte quelle a colori sono in forma di diapositive da proiettare (e i colori si sono già un po’ sbiaditi…); mi dispiace non saperle inserire … Mentre ho riportato con lo scanner le poche foto stampate su carta, e per il resto ho fatto ricorso a dèpliants e cartoline di allora, o ad alcune immagini trovate su internet...



per la lettura completa delle puntate su questo viaggio del 1978, vedi:

Pakistan (9.sett.12); poi Amritsar - Old Delhi (5.nov.12); poi Rajahstan - Agra - Benares (6.nov.12); quindi il Nepal (1.dic.11); Calcutta-Madras (24.ott.12); a Goa (25.ott.12); e su Bombay e Elephanta, con il rientro via Karachi ( 26. ott. '12); e infine per le considerazioni post-viaggio ( 29 ott. '12).

Tra le ultime guide di viaggio segnalo quella di Roberto Cattani, pubblicata dalla editrice Livingston&Co, di Milano, 1998, poi aggiornata nella nuova edizione del 2018

giovedì 25 ottobre 2012

INDIA '78, (4) GOA


O Estado da India portuguesa,
o anche Estado de Gôa, anzi ora è: federated State of Goa & Daman and Diu, dell'Unione Indiana.


Dal 1511 al dicembre del 1961 cioè fino a diciassette anni fa, questo territorio era stato una dipendenza del Portogallo, poi l'esercito dell'India lo ha annesso alla Unione Indiana. Sino ad allora vi abitava quasi solo la popolazione locale (oltre ai bianchi portoghesi e a meticci), adesso invece molti immigrano qui dal Maharashtra e dal Karnàtaka confinanti, per lo più gente di lingua marathi, e il portoghese anche come lingua d'uso sta lentamente scomparendo. I coloni e i loro discendenti, che costituivano la classe dirigente, stanno pian piano abbandonando il territorio, mentre i figli di unioni miste o loro discendenti, abbondano e occupano posizioni anche elevate.


Se prima poco più della metà della popolazione era cattolica, ora già i rapporti si sono invertiti: 56% hindu, e 41% cattolici. Ai 3.400 kmq di questo territorio, sono aggregati anche 300 kmq dei porticcioli distaccati, e lontani, di Damão (ora Daman) e di Diu. In tutto erano poche centinaia di migliaia di abitanti, e oggi sono quasi vicini a un milione. 
Ma per il turismo l'attrazione è che ci sono 100 km di spiagge molto belle, e un entroterra lussureggiante, con foreste, fiumi e laghi. Già da più di una decina d'anni Goa è il vero punto terminale dello Hippy Trail dall'Occidente all'India, che finisce a Calangute e Baga e da lì seguendo un sentiero tra un promontorio roccioso si va ad Anjuna, una splendida spiaggia con colonie di giovani occidentali. Ora in realtà le basi dei viaggiatori backpakers si sono distribuite un po' per tutta la costa, fino a praia da Chapura (o Vagator beach) più a nord.


Ci svegliamo al mattino e siamo già nel territorio di Gôa, una immediata emozione, è tutto rigoglioso, questa natura è prorompente e intensissima, colori da jungla, erba alta, risaie col riso già maturo, e le



spighe cariche di chicchi. Palme in gran quantità, fitte, e piene di cocchi. Alberoni con liane pendenti, fiori rossi stupendi, foglione grandi, eccetera


E case ampie, larghe e basse con doppio tetto e veranda; con le porte e le finestre bordate di colori. Architettura coloniale. Gente piccola, calma, vestiti un po' moderni, tipo "caraibico". Tutto il lento attraversamento dell'entroterra è stupendo.

Scendiamo a Margão (ora Madgaon), dove deambuliamo sotto una pioggerellina; cittadina dall'aspetto un po' tipo mediterraneo del sud, con belle ville, parchi, giardini.

Finché non naufraghiamo al Café Longuinhos, dove mangiamo un sacco di ottime paste e pasticcini (che in India non esistono). Poi entriamo al tourist bureau, inutile, c'è il tizio che non sa il portoghese e neanche l'inglese, e ci da un foglietto con una piccola cartina dello Stato su un lato e sull'altro alcune insulse descrizioni di tre possibili giri guidati.
La maggior parte della popolazione qui parla il konkani (che è scritto nell' alfabeto devanagari).

Quindi prendiamo un autobus (che è un vecchio bus Chevrolet con le panche di legno) che ci porta a 5 km da qui, a Praia de Colvà (ora Colva Beach), che è nel distretto di Salcete, dove c'è un piccolo paesino tutto sparpagliato nella foresta, molto suggestivo, simile agli altri visti dal finestrino del treno. Ci avevano detto che questa spiaggia è la più bella della parte sud, meno reclamizzata ma che rivaleggia con la famosissima Calangute a nord. Sistemati i sacchi, pranziamo con una frittata al formaggio non piccante né pepata !!! in un baracchino, bar-ristorante, e da lì troviamo un favoloso cottage a 1.350 lire a testa (!) (con un deposito di 15 rupie per l'uso di piatti e stoviglie), con una stanzetta soggiorno, e i letti sul soppalco di sopra (un po' tipo quel bungalow di Mamalla), si tratta del "White Sands"
Quando poi usciamo a passeggiare per le stradine del paese, con le case molto distanziate tra loro, ci piace l'atmosfera dell'insieme, questa forte sensazione di ambiente tropicale, la gente lenta e discreta, la sensazione che le cose siano relativamente organizzate quanto basta, e ancora si notano vari segni della cultura portoghese anziché inglese (d'altronde ci son stati per mezzo millennio fino a 17 anni fa). Siamo contentissimi di essere arrivati in questo angolo di India così particolare, così forte e dolce contemporaneamente (come dice Annalisa).
La spiaggiona è moooolto grande, con chilometri di sabbia bordeggiata da palmeti, c'è chi la definisce un Eden. Affascinante.





Ci suggeriscono di far capo al bar di Agnel, dove vanno i giramondo: "café-'n-restaurant, speciality in sea foods".
ecco il capanno del bar di Agnel vicino al pontile per la spiaggia

L'intreccio con gli animali continua, qui ci sono moltissimi cani randagi, magrissimi e affamati, spelacchiati e malandati, che però ci vengono vicini quando percorriamo le stradine. Hanno sempre il loro daffare con i vari problemi di territorio, di bande e delle reciproche competenze. Tantissime cornacchie, mai disturbate dai cani, che hanno i loro orari e fanno un po' sempre le stesse cose, e gli stessi percorsi, magari in gruppetti. A volte camminano, a volte corrono "a piedi", e sono un po' buffe; sulla spiaggia rubano i pescetti ai pescatori. Inoltre ci sono ranocchi nelle pozze d'acqua; e bisce.
piove molto e spesso, ma ci sono anche lunghe ore di sole. La pioggia arriva rapidamente e poi cade  improvvisamente a rovesci.
Oggi verso il tramonto lontano sul mare si sono addensati dei nuvoloni scuri, e verso il fondo si vedeva che lasciavano precipitare pioggia perché c'erano strisciate grigie, come se le nuvole stesse si prolungassero all'ingiù nel mare. Il vento forte e a tratti fortemente rumoroso, le spingeva verso terra. Abbiamo aspettato che le nuvolone nere coprissero il cielo sopra di noi fino a quando ci è parso che stesse per arrivare la parte che spioveva. Nel frattempo, tramontato il sole, era rapidamente scomparso il color rosa sul mare e su una nuvoletta, e in pochissimi minuti si stava facendo proprio buio. E' come un muro oscuro che si avvicina velocissimo. Quando eravamo a pochi passi dall' albergo ha cominciato a scrosciare una cataratta di pioggia. Il vento, e l'oceano, fanno molto rumore e a volte sembra che in aggiunta stia passando qualche aereo, e invece forse in qualche modo il suono rimbomba forse perché le nuvole sono proprio basse...
Il maggiordomo annuncia al vice-re inglese: "Sire stanno arrivando i monsoni". E lui risponde: "Non posso riceverli adesso, che vengano più tardi". "Ma Sire sono venti!" e l'inglese: "e va bene, ma ne faccia entrare solo uno come rappresentante".
Dato che piove ci rifugiamo come tutti al baracchino "Agnel's Corner". E ci mettiamo là sotto una tettoia a scrivere questo diario e a chiacchierare con gli altri occidentali.

Bisognerebbe vedere come sono le tovaglie in India, ... al limite qui a Goa non sono neanche malaccio. Anche le lenzuola e gli asciugamani... (noi ci portiamo sempre appresso le nostre federe per i cuscini). Nessuno mai pulisce le strade, o le case, o fa manutanzione, o altro.
In generale c'è sempre in po' un'aria da "dopo il tornado", gente che appena spiovuto come risbuca a mettere il naso fuori, si guarda attorno, e chi va di qua e chi di là, ma piano piano, come non volesse farsi accorgere, ci sono ovunque pozzanghere che luccicano, rivoletti, goccioline, cani che finalmente si grattano un po', puzza di marcio, o di muffa, tutto è perennemente umido, le case e le cose si sgretolano un poco, persino i metalli sono arrugginiti, c'è riverbero appena ritorna la luminosità. Dopo spiovuto verrebbe proprio da dire: tristi tropici ...
Ieri sera osservavo un taxi che stava posteggiato verso il retro del ristorante, con il tizio che aspettava e aspettava ore che i clienti avessero mangiato, e chiacchierato, e dormicchiava stravaccato sui sedili con la radio a pieno volume: sembravano vecchie musiche anni '50, un po' brasileire.
Al cimitero c'è una gran tomba di una certa donna portoghese morta in Angola (anche quella da tre anni non è più portoghese), che ha espresso il desiderio di fasi seppellire qui a Goa per nostalgia.
Le donne con i loro abiti tradizionali sono tutte colorate,


e tengono spesso le gonne rimboccate per lavorare e muoversi meglio. A volte mettono dei teli di plastica attorno alla gonnona, a mo' di impermeabile. Le donne sembra che abbiano la loro società a parte per conto proprio, con loro ruoli e compiti, e che se ne stiano tutto il giorno tra loro. In paese e nelle cittadine però, come già dicevo, molte donne portano abiti europei stile anni Sessanta, tipo "da balera", anche alcune con gonne mini, abiti attillati, colorati, e sono truccate, con il rossetto.
Gli uomini lavoratori manuali qui molto spesso sono seminudi, con una cintura, a volte metallica, che serve a tener su una pezzuola davanti e che spesso  dietro passa in mezzo al sedere; hanno corpi muscolosi e secchi, bruni, a volte "da negri".

Ieri sera siamo andati assieme a Dario Borso, un amico di Bassano (che è ricercatore di Dal Pra alla Statale di Milano), a vedere se ci poteva piacere una stanza in una casa dove abita lui. Non c'era luce, nè illuminazione stradale, il buio assoluto, e attraversare col sentierino nella giungla faceva un certo effetto, lui stesso ha avuto qualche incertezza nel ritrovare la strada ... e poi al ritorno le bande di cani erano un po' troppo rompiballe. La villa portoghese dove ancora sopravvive in una stanza il residuo rimasto della famiglia (parlano bene in portoghese), è -o meglio era stata- bellissima e ci sono vari spazi vuoti dove si accampano gruppetti di backpakers.



Ma non ci va il fatto che sia un po' isolata. Comunque ci trasferiamo nei Tourist Bungalows del governo goano (Directorate of Tourism), con vista sul mare e sala da bagno, per 25 rupie in due, c'è anche il fan (=ventilatore) naturalmente. Ogni tanto aspetteremo Dario che viene qui a fare la doccia; anche Giancarlo Narciso (di Milano, proprio di via Washington...) è qui nella stanza accanto; si sente tutto tutto.  Ci resteremo dal 1° settembre all' 8 compreso, per 200 rupie...  Insomma allora oltre a questi tre posti (i cottages del White Sands, questi bungalows, e il bar di Agnel ) a Colva non c'era nient'altro, se non camere private e anche case private in affitto, e sulla spiaggia c'era appunto solo il baracchino del bar Agnel's.

Lì si potevano anche avere notizie da chi era appena arrivato dall'Italia, e allora veniamo a sapere che il 26 agosto Luciani era stato nominato Papa! ne chiacchieriamo in una lunga passeggiata lungo la spiaggia con Dario, dato che lui sa chi è, in quanto è il patriarca di Venezia ed era stato vescovo di Vittorio Veneto, e dice che è un uomo aperto e un moderato innovatore, anche se ci racconta dell'episodio della parrocchia di Montaner nel '67/'68...
Quindi è bello proprio anche perché ci si incontra con altri, ci si trova tra viaggiatori (gli indiani restano un mondo che solo sfioriamo e osserviamo da fuori) e si socializza pur essendo di paesi, di età, di mentalità diverse, si fa comunità tra occidentali.

La separazione più forte e netta è tra quelli che non sono drogati (che fumino o non fumino non importa, quindi nel senso che non sono in uno stato di dipendenza irreversibile) che sono più che altro dei freaks; e quelli invece che si bucano, i junkies, (che si iniettano di estratti chimici sintetizzati, o roba in qualche modo devastante cui si contrae assuefazione già dalla seconda volta...).  Insomma tra chi si fa di sostanze pesanti, e chi invece prende solo roba leggera, tipo erba, marijuana (quella che in India chiamano ganja), o poco più. Non c'è che pochissima comunicazione, non c'è reale contatto... tanto meglio ... (ecco un caso in cui mi sta bene un regime di apartheid...., ognuno per conto suo).
Ieri pomeriggio avevo visto in spiaggia c'era un tipo drogatissimo strafatto, che parlava a bassa voce e lentamente con un suo amico, che era oramai un fantasma... Se ne vedono diversi in India di tipi occidentali naufragati qui, alla deriva, a cui palesemente manca ancora poco .... è come se si fossero volutamente suicidati in un modo lento e graduale, fino a che diventa una china senza ritorno ....terribile!

Ogni tanto c'è qualche indiano che con gran disinvoltura e rapidità si arrampica su per una palma. Sui tronchi delle palme hanno fatto delle tacche per poter salire, e in cima ci sono dei rametti tagliati che gocciolano con sotto appesi dei cocci che si riempiono pian piano. loro vanno su con dei vasi che riempiono col succo che trovano nei cocci. E a volte portano giù invece, o anche, dei cocchi. Il cocco acerbo è quello con il latte chiaro e acquoso, quello maturo che conosciamo noi è all'interno di un involucro dentro ad uno strato "peloso". Dentro c'è il "latte" di cocco.
Con il "succo"di anacardi distillati si fa un liquore, un'acquavite, il Feni, che è una specialità goana. Un'altra è il vindaloo, per cui prima di cucinare della carne (di pollo o anche di maiale), o del pesce o i gamberoni e le aragoste, questa viene marinata a lungo in aceto, o in salsa di tamarindo e lime. Poi c'è la zuppa alla goana con il filetto di rospo e dei gamberi, fritti, mescolati con una pasta di tamarindo, latte di cocco, e poi fatti bollire con spezie varie e messi al forno. Il cosciotto di maiale balchão, con spezie, concentrato di pomodoro, aceto di mele, cipolla dolce rosolata, e un cucchiaino di zucchero. Infine una zuppa di fagiolini hari sabzi, in cui rondelle sottili di fagiolini vengono fritte insieme a cipolla, aglio, e spezie varie, e poi bolliti, aggiungendo poi curcuma e pomodori, e servita infine con sopra cocco grattugiato. Questo almeno stando a racconti e descrizioni, ma noi queste cose non le abbiamo mai provate. Da Agnel's si mangiava solo del buon pesce fresco appena pescato. E poi, ma non solo qui, ci riempivamo della frutta tropicale che maturata al sole, e colta al momento giusto e subito mangiata, è buonissima e non ha a che vedere coi sapori di quegli stessi frutti da noi, quindi banane (piccole), papaia, mango, ananas, agrumi, guava, jackfruit, ma anche i leechi e  i rambutan "pelosi", dal Sud-est asiatico. E ... costa men che pochissimo e ce n'è in gran abbondanza; basta lavare la buccia, sbucciarla e poi lavarla con acqua potabile (e lavarsi bene le mani sia prima di sbucciarla che di lavarla).


I granchietti piccolini che scavano nella sabbia in spiaggia (sono varie centinaia) fanno dei buchini, alla sera preferibilmente nel bagnasciuga, sotto una pellicola d'acqua, e così fuori dai loro buchetti ci sono tantissimi piccolissimi pallini di sabbia che fanno a volte come dei disegnini a seconda della traiettoria in cui vengono sparati fuori, oppure a volte due o tre buchi sono collegati e sono dello stesso granchiettino.
Le conchigliette a valva si muovono e quando l'onda si ritira col risucchio, si mettono in verticale e si infilano sotto la superficie sabbiosa.

C'è una lotteria, che devolve il ricavato per la campagna in atto per il controllo dell'incremento demografico, cioè per il controllo e la regolamentazione (=limitazione) delle nascite. Le scritte murali sono ad es.: "Next son not now"; "After 2 or 3, never".

C'è sempre un fiammingo con il suo ragazzino di 7 anni. Bella coppia di padre e figlio, il bambino sembra tutto contento, libero, va, torna, gioca, si sente grande e amico del papà. Il padre sfumacchia, se ne va in giro in bicicletta, e fa quattro chiacchiere al bar dove c'è sempre qualcuno. Chissà quanto stanno in India, o comunque fuori Europa, quei due? Lui sentivo che parlava di andare alle Maldive. Sono qui ospiti di qualcuno.
Poi c'è la coppietta degli spagnoletti di Barcellona, di 19/20 anni, che sono fuori da sei mesi o più, torneranno via terra lungo l' Hippy Trail, per poi ripartire appena possibile.

Prima erano stati in Marocco, non so quanto. Ora stanno in quel cesso di stanza senza luce e acqua (ma con topi...) che è sulla spiaggia proprio, pagando solo 8 rupie in due.

Osserviamo l'austriaco ciuco di droga che essendo rimasto senza soldi ha venduto il suo passaporto, e dona il sangue (!) in cambio di un'inezia. . .
Questo angolino di Agnel dove ci si trova un po' tutti e che sta già per esplodere per eccessivo affollamento (18 sedie) è come una piazzetta o un muretto, dove si chiacchiera ma anche si pettegolezza. C'è per es. anche l'indiano di 23 anni (una sua frase rimasta memorabile e più volte poi da noi ripetuta: it's better for you people not to stay here, 'cause of fish bones on the sand) che si droga da quando ne aveva 13, che è sempre allegro e sorridente, mi ha offerto un thé in una capanna-bar frequentata da giovani goani.
Infine ricordo il tedesco alto tutto tatuato sulle braccia e sul petto.

Ieri la giornata è passata stancamente, tutta solo da Agnel's. Pioveva come solo con il monsone forte in India può mai piovere, secchiate d'acqua a raffiche, che col vento facevano proprio come delle onde in aria.

Tutti rifugiati sotto al baracchino di Agnel a cercare di tirare in lungo, chiacchierando sbevazzando, sfumacchiando, sleggiucchiando guardando il soffitto o l'orizzonte con concentrazione noncurante.
Grande avvenimento quotidiano per il paese: arriva la corriera, bus is coming! e si sta a guardare chi aspetta, chi sale, chi scende, pescatrici, nuovi saccopelisti ... La sera specialmente, l'unica cosa che fa scattare animazione, l'unica luce per certi, è bus'comin'.

Osserviamo i grandi barconi dei pescatori, e la fatica che fanno a superare la parte con le onde forti e iniziare la navigazione sull'acqua liscia...(in tanti aiutano a spingere fuori il barcone)










Oggi: sole e pesca grande, pesca continua, frenetica, in sovrabbondanza di pescato, nessuna baruffa per il pesce che avanzava sulla spiaggia man mano che le donne riempivano le ceste e lo portavano via. Pescioni grossi con i baffi, e pesci lunghi con i denti, e sarde e sardine. Caso mai scoppiavano litigi per entrare nel taxi per andare al mercato di Margão...


Scene splendide di pesca. Con i barconi (carenati, impeciati, col bilancere, bucati, cuciti con la corda, con acqua sul fondo, ...) portano le grandi reti in mare, poi gruppi di uomini a coppie tirano le reti a riva spingendo su bastoni legati a regolare distanza sulle corde. La rete viene tirata su da due parti in modo che in mare forma una grande U.



 Man mano che la parte col pesce viene a riva, gli uomini aumentano; molti, specialmente ragazzi, vanno in mare a sollevare il bordo in modo che i pesci non scappino di lato.
Arrivano anche le donne con cesti rotondi, tutte colorate, alcune con dei teli addosso, altre donne e bambini semplicemente con dei sacchetti. Un centinaio di persone si accalcano intorno; gli uomini faticano, gruppi di donne attendono.









Altre donne e bambini, probabilmente di gruppi diversi, prendono i pesciolini che sfuggono, ma anche ne rubano tirandoli fuori dalla rete; gli altri un po' lasciano fare, un po' invece li scacciano lanciando manciate di sabbia verso gli occhi, un po' litigano. La rete chiusa con dentro centinaia e centinaia di pesci guizzanti resta sulla sabbia per tutto il tempo che serve agli uomini per metter via gli attrezzi e le altre parti della rete. Da quando la rete viene rimboccata sulla spiaggia, non si può più spigolare, allora se uno cerca di prendere qualcosa si incazzano proprio. Poi vengono le "donne autorizzate", forse familiari dei pescatori di quella retata, che aprono la rete e con un canestro da pallavolo tirano su i pesci che poi porteranno al mercato.
Certe si occupano solo di quelli grossi. E a loro volta badano che altri non rubino; mentre prima erano soprattutto gli anziani a farlo. Poi suddividono il tutto in mucchietti sulla sabbia, e lì allora sono cani e cornacchie che arrivano a rubare. Poi se ne distribuiscono un po' in modo strano e si sciolgono.

Le barche sono un po' del tipo come avevamo vsto a Mamalla, nel senso che sono "cucite", ma sono più belle e ben fatte. Sono ben sagomate e la parte inferiore sembra come se fosse fatta di un tronco solo. Poi sono tutte impeciate e con un sacco di legno a prua. Certe grandi, ma altre meno. Hanno un grosso legno-bilancere di fianco. Vi sono anche dei "legni individuali", sempre fatti un po' come a Mamalla.

Pesce morto ovunque... puzzo schifoso di pesce marcio in tutta la costa... Naturalmente non esiste (né nessuno se lo immagina neanche) alcun servizio di "nettezza pubblica" della spiaggia.
Ieri sono arrivati i gabbiani (chissà da dove).

Girare per l'India è stato bello, ma è anche bello l'essersi fermati non solo per il piacere del mare, anche perché ci si incontra con altri, e anche perché si ha tempo e modo di cogliere occasioni per osservare e conoscere questa gente.

Incontriamo uno spagnolissimo tizio anglo-spagnolo, secco, cappellone, tipo strano, simpatico, giramondo. Disegna, fa gioiellini, è entusiasta delle pietre dure e del loro traffico; è un argomento che lo appassiona e si infervora. Si chiama Esoj A. Corral; andiamo nella casa dove vive come ospite quando è qui a Goa. Passeggiata nella foresta con palme e alberoni, quelli con i rami che cadono verso terra e fanno le radici... Casona portoghese nel verde, sembra semiabbandonata, tipo quella dei Buendia in "Cien años de soledad", in disfacimento, enorme, con tante grandi stanze oramai inutilizzate, e non curate. Lì sta col fratello Ivan (o Jivan). Ambiente "primo Novecento".


La ragazzina (forse una che sta con un suo amico) arriva in bicicletta attraverso il palmeto, e poi si sfumacchia in compagnia (noi beedies, loro della granja).







      una casa vuota sulla spiaggia

Piccole cose preziose, e belline, un po' sparse ovunque, altre stanno appese alle pareti bianche. C'è gente di tutti i paesi che è arrivata e si mischiano anche le lingue...
Sì è proprio come Macondo in "Cent'anni di solitudine" tutta questa Goa ex portoghese, che vive ancora del tempo che fu. Questa grande casa che una volta doveva essere abitata, e la gente che c'era dentro doveva sentirsi importante, ora ci stanno solo in tre, e la moglie non esce mai. Solo lui una volta è stato a Bombay. Per cui questo ospite, questo ragazzo che viene addirittura dalla vecchia Europa, lontana madrepatria, che viaggia e conosce il mondo, è per loro una presenza preziosa, è favoloso. Lui racconta dei suoi giri e dei suoi incontri, e lei lo sta ad ascoltare affascinata. Lui fa parte della famiglia, ha la sua stanza fissa con le sue cose, è sempre atteso e benaccetto, ma in realtà non c'entrerebbe nulla. Fabbrica i suoi gioielli, che sono degli anellini, e le sue collane meravigliose, con pietre splendenti, strane, rare, dotate di luce, ... forse magiche, che ha preso nelle miniere di Ceylon (Sri Lanka)... E poi lui parte, va, le va a vendere in Australia, perché dice che qui non è redditizio, in realtà deve andare fino in Australia... e poi tornare ... e in effetti è sempre di fatto senza un soldo... Intanto loro continuano a parlare in portoghese qui dentro casa, di tempi che furono, di passato, e intanto qui attorno Goa è invasa dai Marathi, e da indiani del Sud, e da turisti stranieri, e da hippies che sconvolgono tutto, e non ha più alcun senso stare chiusi nel piccolo territorietto goano a leggere il "giornale", cioè il foglio locale in portoghese, con le notizie di quell'incidente occorso a un ciclista a Panjim (ora Panaji), ... eccetera, ...perché Goa è oramai inclusa e riaccolta nella grande madre India, che va da capo Comorin al Kashmir e alle montagne dell'Himalaya, dal deserto del Thar alle giungle dell'Assam... Una India che incomincia a confrontarsi col mondo...

E alcuni nostalgici del periodo portoghese, da cui siamo invitati, ci raccontano (essendo stati tre anni fa in Portogallo li capiamo quando parlano), per ironizzare sulle buffonate delle nuove "autorità-fantoccio", che il nuovo governo goano-indù per far bella mostra di sè, arriva qui e fa costruire due ponti, uguali, vicinissimi l'uno all'altro... inutili, dove? proprio di fianco al vecchio ponte che c'era già e che è anche più comodo, e in sovrappiù fan costruire un semicerchio di colonne assurde e insulse....  E poi anche un bel po' di panchine di cemento (scomodissime e dure), ma alla fine si vede che ci sono più sedili che piedistalli (è vero le abbiamo viste)... e mettono una bella lapide sulla "prima pietra" di questi "lavori pubblici". E intanto il monsone arriva e distrugge tutto dopo pochi mesi...
Insomma lui è un vero goês e lei una autentica goesa ....
E però oggi oramai rimane solo lo scheletro dei vecchi tempi e dei suoi splendori lusitani.

Effettivamente ad es. Agnel deve rifare ogni volta da capo tavoli e tavolini, sedie, bancone e mobilio. Il suo bar-alloggio sul mare è infatti come se fosse stato disastrato dalla guerra... il monsone è impietoso.
L'altroieri Agnel ha comperato un frigo (!) per 640 mila lire... ce lo farà pagare.....!

Annalisa compra una camicetta di cotone bianca ricamata per millecento lire, e dei boccettini di kajal per cento lire l'uno; compro un braccialetto di tartaruga per 2.800 L.



La padrona di casa di Dario Borso, Natalina, ha fatto il torrone, siamo tutti invitati!
In questi giorni è la festa di Ganesh, quindi ci sono petardi, mangiate, e gite di gruppi di indiani. Nelle case tutti disegnano una immagine naïf che il giorno dopo si può andare a vedere girando di casa in casa.
Fanno vacanza a scuola, gli uffici pubblici e i negozi sono chiusi. Alle 11 pm davanti a una casa di Colva ci sono fuochi d'artificio, e dentro un folto gruppo di persone canta; qualcuno accompagna con semplici strumenti musicali. In una edicola c'è una statuetta colorata del dio elefante, e sopra offerte di frutta appese al soffitto. Su una piccola pedana un uomo in piedi agita un vassoio con incensi e profumi davanti alla statuetta. Uomo dai lineamenti strani questo, ambigui...

Oggi giornata splendida con mare calmo e palme ferme, e quindi silenzio. Ma un sole!! Qualunque inconveniente o pasticcio càpiti, la regola è: fa niente...., lascia perdere, altrimenti resteresti sempre nervoso e incazzato...
Dopo aver passato la serata a aspettare il tramonto


e a guardare il sole scomparire nell'oceano, ci fermiamo in spiaggia a chiacchierare, poi torniamo alla una di notte in un buio totale, come fossimo tre ciechi a tastoni. Stellata favolosa.

Ogni tanto andiamo alla sera a trovare gli amici che stanno in case all'interno, ma poi al rientro nelle stradine deserte ci sono tanti cani randagi che fanno branco ...  che ci inquietano un po'

il patio in legno della casa dove ci ritrovavamo



 col sopraggiungere del buio ritornano capre e mucche


Gli amici francesi di Esoj (da pronunciare alla spagnola: Essokh) sono altri tipi di cui mette conto raccontare. Lui è un giramondo, un po' equivoco, senza un sacco di denti davanti, barbuto; lei una bella ragazzina di 17 anni, che scrive poesie naturalmente sull'amore e anche sulla sofferenza e la morte, naturalmente... Lei (alla sua età) è rimasta letteralmente affascinata, ammaliata dalla personalità di lui. Già per suo conto in crisi, sempre per l'età o per altro non saprei, e compie la Grande Rottura Romantica, per cui pianta tutti e tutto da un momento all'altro e con pochi soldi decidono di fuggire insieme verso l'Oriente ... Rubano una macchina passano il confine e corrono sulla via delle Indie. Forse poi l'auto l'hanno rivenduta in Jugoslavia (o in Turchia), e con il ricavato stanno, o vorrebbero stare in giro per un anno e mezzo, o due. Ora sono qui in una casa privata senza alcun confort minimo, dove spendono 5 o 6 rupie al giorno in due, hanno il loro fornellino a spirito e si fanno qualcosina da mangiare per conto loro, tipo i pesci che prendono sulla spiaggia avanzati dai pescatori.
la casupola in legno dove stavano

Poi progettano di proseguire in bicicletta, forse andandosene con quelle che hanno preso qui in affitto e che non hanno ancora pagato. Calcolano di poter stare in giro cinque o sei mesi facendo 70 km al giorno, e poi stando fermi per tre giorni alla settimana .....  Fumano tanto hashish, e roba forte. Ieri sera siamo andati a casa loro a mangiare cose portate da noi, e a passare la serata. E' una casetta contadina con il tetto senza il soffitto; lui l'ha tutta messa bene a posto e arredata e dipinta. La tipica sede hippy stile psichedelico: con porte e finestre bordate a colori forti, varie mensole appese, statuette, sticks odorosi, e pareti con murales. I dipinti rappresentano lui su un piatto di una bilancia romana che fuma, e pesa meno della grande H (in francese hache = hash) sull'altro piatto; bolle che salgono dal letto; una carta del mondo; un manifesto liberty con Ganesh; una immagine ossessionante di una città industriale inquinante; la silhouette di lei nuda; le silhouettes di loro due che sembra si involino verso il sole ....  La cucina è tutta fatta da lui, ma non c'è acqua corrente. Lui sa fabbricare amache da vendere poi sulla spiaggia turistica di Calangute.  Si sta per terra in circolo e si mangia in una ciotola di latta con riso indiano con tanto zafferano, puré di patate, e un minestrone knorr nostro, tutto assieme. Loro si fanno continuamente joints, spinelli; noi ci limitiamo a fumare delle beedies con tabacco. Hanno un nuovo  divertente giochino di logica, il Mind Master. Tutto ciò fa molto Goa Beat.
Poi si sta tutti assieme seduti per terra a chiacchierare e tirar tardi al buio, perché loro non possono e non vogliono spendere per  far luce con delle candele.

E con una bella musica di sottofondo, è proprio il cosiddetto Goa-trance...


L'accendino indiano per beedies: una corda che pende da un palo o da un albero vicino alla bancarella dei tabacchi, e con un capo che brucia lentamente con a poca distanza un tubetto metallico, in cui la corda è infilata, in modo che a un certo punto la spegne (o la conserva con la brace che cova appena accesa dentro), grazioso.

Un giorno avevamo anche fatto un giro nelle cittadine di Velha Gôa e di Panjim, belline, ma tristi, melanconiche.
Ieri sera ultima cena a Goa: gran spaghettata!!! A casa di Esoj, con il padre fiammingo e il suo figlio, i due inglesi, la coppia francese, Esoj e noi tre. Il padre olandese (Dick o Big?) aveva rilevato il ristorantino di Esoj ad Amsterdam, dove faceva cucina macrobiotica, poi se n'è andato in Sudamerica, dove si era preso l'epatite appena arrivato, e l'avevano messo in un ospedale senza fargli cure ma solo raccomandandogli di restare fermo, immobile, in isolamento. Dopo due mesi essendo senza visto lo hanno scortato all'aereoporto ed espulso. Non ha visto niente del Sudamerica né conosciuto nessuno, come fosse stato in carcere, o peggio. Ha cercato di fuggire prima di giungere alla porta dell'aereo ma lo hanno messo dentro (all'aereo!). Storie strane, sempre esagerate rocambolesche....


un'altra casa di ritrovo

Tanti giovani si sono fermati qui, si fanno mandare quattro soldini per vaglia postale e sono a posto così. Vivono spesso in specie di "comuni" in qualche vecchia casa, e stanno lì o in spiaggia, a passarsi il tempo con racconti di viaggi o di tipi strani, o in silenzio. Svolgliatamente sfumacchiano joints, sbevacchiano, spipettano (con chilums fatti artigianalmente), scopacchiano, coltivano un orticello con cannabis, ascoltano musica, se ne stanno spesso tutti accatastati a dormicchiare, ogni tanto si risvegliano, ballano, guardano i tramonti, fanno baratti in cambio di ganja o cibo, si intascano qualche pescetto avanzato sulla riva, ridono, litigano, si passano il tempo"filosofeggiando" indolentemente, si scambiano info coi saccopelisti di passaggio, progettano viaggi in altri luoghi incontaminati "scoperti" da vari hippies giramondo, o attività illusoriamente redditizie, fabbricano gioiellini, stiks, chilums, eccetera, e così trascorrono questi mesi sempre uguali e senza stagioni ...


L'addio ad Agnel fortunatamente non è stato penoso, ma tranquillo, con l'ultimo porridge.
E poi riprendere a viaggiare, a porsi nuove mete da scoprire, a cpmpiere sforzi per superare distanze spaziali e temporali. Naturalmente con la solita tragedia del dover cambiare treno, con casini e mio stordimento a causa di un colpo ricevuto sugli occhiali...
Alla stazioncina di Santa Cruz, l'ultima di Goa, ecco l'ultima immagine del popolo hindu: masse festanti, multicolori che tra ritmi e suoni metallici e rimbombanti di tamburo (che ci ricordano il tamburo  nepalese), portano in trionfo, o in processione, immagini naïf di ceramica del simpatico Ganesh (l'allievo per antonomasia).

L'ultimo panorama di Goa: una cascata in una valle verdissima e il treno a pochi metri dall'acqua dopo aver fatto un giro a U per la valle (Dudhsagar).

Biblio:
Piero Verni aveva pubblicato, come già detto più sopra, Vivere in India per le edizioni della Salamandra, e la "guida" Il libro della Visione - guida alla ricerca del proprio guru, per Arcana editrice; Fernanda Pivano riassunse una serie di dibattiti e anche ricostruì la storia recente in Beat, Hippy, Yippie, Bompiani editore; Sarjano pubblicò da Savelli, L'incanto d'arancio, con un dibattito tra lui, Sinibaldi, Venturini e Verni; l'editore Savelli aveva pubblicato in italiano il testo dello spagnolo Luis Racionero, Filosofie dell'Underground; e insomma in quel periodo circolavano nei circuiti "alternativi" diversi testi in cui si parlava di una "India" molto particolare, come meta in cui rendere possibile e praticabile un mutamento di stili di vita e di contesti di socializzazione. Autori di vari paesi e di vari indirizzi di pensiero (e con differenti obiettivi), erano divenuti letture di culto, come il diario del viaggio in India di Allen Ginsberg, tr.it. 1973 (con introduzione di Fernanda Pivano); quello di Lanza del Vasto, e vari testi di Hermann Hesse, e Aldous Huxley, e di Rajneesh (Osho), fino a Monroy, eccetera, grazie ai quali ognuno poteva trovare le conferme alle proprie intuizioni e ai propri desideri. Per cui intraprendere il viaggio era per varie ragioni imprescindibile, e i libri sullo Hippie Trail, come Amante, Buffarini-Guidi, Viaggio all'Eden, Olympia Press, Milano, 1972, erano indispensabili strumenti per la realizzazione (del viaggio, del suo senso e significato, e della propria stessa ricerca filosofica e interiore), e per verificare se davvero si poteva vivere in contesti in comune con propri simili, al di fuori delle restrizioni e delle condanne moralistiche, e dunque dare uno sbocco concreto alla rivoluzione culturale del maggio '68. Goa divenne a partire dalla metà degli anni sessanta fino a tutti gli anni settanta, una delle mete principali dove poter trovare il paradiso perduto e il proprio "puerto escondido", il proprio rifugio in una nicchia autosufficiente. E, in parte, finché è durato, così è stato per non pochi di coloro che approdarono laggiù.  

Vedi per questi argomenti il testo di riflessioni post-viaggio, che ho messo il 29 ottobre 2012.
Ora, anche là, il mondo è cambiato.


(continua)

per la lettura completa delle otto puntate su questo viaggio del 1978, vedi:

Pakistan (9.sett.12); poi Amritsar - Old Delhi (5.nov.12); poi Rajahstan - Agra - Benares (6.nov.12); quindi il Nepal (1.dic.11); Calcutta-Madras (24.ott.12); a Goa (25.ott.12); e su Bombay e Elephanta, con il rientro via Karachi ( 26. ott. '12); e infine per le considerazioni post viaggio ( 29 ott. '12).