giovedì 14 settembre 2017

Viaggio in Etiopia - foto 6 (attraverso le terre dei Banna verso Jinka, 250 km)

giovedì 24
Ripartiamo, destinazione finale di oggi: Jinka, passando per il mercato indigeno di Key Afer.
Questo sempre più entusiasmante giro che stiamo continuando a percorrere attraverso villaggi di varie etnie contempla: da Addis al laghetto di Koka, lago Ziway, parco Abijata-Shala, lago Langano, Shashemene, poi via Sodo, al lago Abaya, villaggio Hadiya, Arba Minch, villaggio Dorze, parco Nech Sar, sul lago Chamo, Jinka, e in seguito il parco di Mago, villaggio Karo, e un villaggio dei Mursi, mercato di Dimeka, villaggio Hamer, Turmi.
Poi verso Omorate, attraversamento del fiume Omo, il villaggio dei Dassanech, e ritornando la cittadina di Konso, infine a Yabelo, el-Sod, Dilla, Yerga Alem,  eccetera...
Al ritorno poi passando da Hawassa torneremo via Mojo alla capitale per visitare in finale alcuni suoi dintorni interessanti come Bishoftu, e i suoi laghetti, un sito paleolitico, e quello archeologico di Tiya.





Oramai sempre più le strade che percorriamo sono sterrate, parzialmente asfaltate, sassose, piene di buche e avvallamenti, con grosse pozzanghere, oltre che frequentate da carri, animali, e persone che camminano. Quindi i tempi di percorrenza si sono allungati. Siamo già un po' stanchi del continuo traballamento, vibrazione, sballottolamento che si ha in auto, e così per esorcizzare il fastidio, grido agli ondeggiamenti: blim-blam!, che presto diviene Blayn-belayn, per scherzare sul nome dell'amico Belayneh, il bravo general manager della EthioMar, oppure per i colpi e contraccolpi dico: zàck e zàckete, o Izack e zack! tanto per ridere. Poi si continua ad andare a zig-zag per schivare avvallamenti e buconi, cunette e dossi, o a viaggiare contromano sull'altra corsia perché meno accidentata, o lungo le "spalle" al bordo della strada
Molte volte nei paesi la strada principale per quel tratto è asfaltata, ma poi all'uscita ricomincia la strada di terra. A volte danno l'illusione con un pezzo asfaltato, ma poi si tratta solo di pezzetti intermittenti (?). Insomma viaggiare è faticoso, e il rumore di fondo continuo. Polvere dovunque (bisogna sempre portarsi una bottiglia d'acqua, e magari un collirio).

Stiamo dunque entrando nell'Africa tribale dei villaggi indigeni. In Etiopia vivono circa poco più di una ottantina di etnie, di queste una cinquantina sono nella Regione del Sud e territori limitrofi, una Regione dunque eminentemente multietnica, in cui il multiculturalismo è da sempre "di casa".
Questa regione a statuto autonomo è denominata infatti come Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud, ovvero Southern Nations Nationalities & Peoples Region, o con l'acronimo di SNNPR.

Passiamo attraverso il territorio Dirashe, abitato dai Gidole. Sono abili terrazzatori dei terreni collinari e montuosi. Quindi sono seminatori e piantatori, e anche orticoltori.

parentsgidole.com

A fianco delle capanne c'è sempre un piccolo magazzino per lo stivaggio di riserve, ed è sopraelevato su dei paletti, e fatto a parallelepipedo alto con rami e frasche.
Alcuni, nei paesi che si attraversano, sono chiaramente ubriachi, ci dice Itzack che bevono molto di quel liquido bianchiccio tratto dal mais, detto chege, un po' alcolico.

Nelle selve sulle colline e i monti circostanti vivono i gelada, cioè l'unica specie di scimmie esclusivamente erbivore, che si trovano soltanto in Etiopia nella Great Rift Valley.
foto da internet

Cominciamo a capire certe espressioni in inglese di Izack, che spesso per dire "penso che", dice I hope. Inoltre dice quasi sempre they quando vorrebbe dire: io, lui, loro, voi ... il che produce dei fraintendimenti, e a volte ci lascia spesso dubbiosi...  !?

Lungo questo lungo percorso, si osserva la vita che si svolge lungo la strada, e poi dal finestrino si vedono scorrere paesini, cittadine, campagne... quindi contadini, ma anche pastori e mandriani.

 attesa alla fermata del bus

 attesa del camion che li riporterà a casa dal lavoro nei campi
attesa da parte di mezzi commerciali che le mucche si decidano a sgombrare
attraversamento di un paesino

lungo la strada
asini con carretti
stazionamento bestiame con interruzione del traffico

Si incomincia a sentire più caldo, e a vedere gente più nera, di carnagione più scura

 depositi per immagazzinamento granaglie o fieno
villaggio (con tetti di lamiera ondulata)



paesino di contadini (purtroppo le costruzioni squadrate han sostituito l'architettura tradizionale circolare)
 negozietto di paese

villaggio



Mi piacciono quegli arbusti con foglie rotonde che crescono sulla terra secca di riporto lungo le strade. Qui ci sono intere vallate con alberi singoli sparsi. Il paesaggio è prevalentemente un misto di giallo e di verde. Moltissime mandrie e greggi. L'attività prevalente di questi semi-nomadi è la pastorizia, sono tutti giovani, se non ragazzi o addirittura bambini, a badare alle pecore e capre, di solito maschi ma non di rado anche ragazze o donne. Inoltre gli animali sono utilizzati lungo la strada per il trasporto di carichi. Ci sono singoli asini che tirano carri pesanti, oppure una coppia, e addirittura anche tre affiancati (questi per scherzo vengono anche detti trasporti "turbo"). Oppure in lunghe file.
a prender acqua con delle taniche gialle



vita di campagna

Ora la terra diviene rossastra, marrone ruggine, verdastra, a volte con effetti quasi violacei.
Proseguiamo per altri 90 km verso Karat (nella Konso Country), e si cominciano a vedere delle pecore con le natiche sporgenti, il sottogola molto cadente, e il corpo bianco con larghe macchie nere. Le donne hanno la gonna che poggia sulle anche, con uno "sbalzo" alla cintura.

Ci sono dei giovani con delle lance notevoli, o con la faretra sul dorso. Certi con grossi machete. Si vedono anche i covoni tradizionali, così come erano da noi una volta. Siamo entrati dunque nel South Omo, dove vivono varie popolazioni di tipo negroide, e altri di tipo sud nilotico. Qui si entra nell'Africa più tradizionale e tribale. Più si va verso sud e più si vedono villaggi di capanne, e ci si trova in un territorio naturale diverso da quello dell'altopiano abissino.

da un classico libro divulgativo di Roberto Bosi, Bompiani, 1979, 1987



Si attraversano e si attraverseranno vari paesaggi, dalla savana, alla steppa, alle foreste tropicali, da un altipiano alle colline e ai paesaggi montuosi.

volume della serie "i popoli della terra"

§. considerazioni generali introduttive
Questa Regione del Sud e in particolare la valle dell'Omo (sia l'Alta che la Bassa) è anche detta "il gioiello d'Africa" per il mosaico etnico che la popola, si pensi che si parlano circa una cinquantina lingue, e un centinaio di dialetti di comunità o villaggi isolati. E' un vero melting pot, un contenitore di stirpi e etnie varie. Ci sono genti di origini nilotiche, sudanesi, omotiche, cuscitiche, e semitiche ...

 Essi inoltre sono ancora in grandissima misura esterni ad una economia monetaria, e privi di attrezzi adeguati alle loro attività produttive (quasi tutti gli aratri -detti a uncino- sono ancora di legno,

e le falci sono rudimentali). Le cose stanno lentamente cambiando nel senso che andando nei mercati (spesso a due giorni di cammino) riescono a procurarsi alcuni articoli che essi non producono, come ciabatte infradito, pentole e padelle, attrezzi in metallo o in plastica (tipo taniche e secchi), ecc. che comprano con le poche monete racimolate con le vendite, per quella finalità, o facendo degli scambi.




Quindi vari cambiamenti sono in atto


§. in visita al grande mercato di Key Afer

Altri 41 km e andiamo a visitare il mercato di Key Afer, nel territorio del popolo Tsemay, ma che è molto frequentato dalle varie genti del circondario, ed è molto bello, colorato e vivace. Anche qui veniamo affidati a una guida del posto. Gli Tsemay sono sia pastori che agricoltori. Le donne indossano una gonna di pelle morbida e scura. La parte dietro struscia sul terreno essendo appesantita da un legno o un monile, per cui lasciano traccia dei loro spostamenti.
Ci vengono anche i Benna, e gli Hamer, i Karo, i Galeb e altri di altre etnie. Ognuno ha la sua economia, e dunque le sue motivazioni per venire magari da molto lontano fino qui al mercato.

I Banna (o Benà, o Banah) sono belli fisicamente, i giovani magri, robusti e slanciati sono neri-neri, con un perizoma in tessuto colorato e stretto (io per scherzare dico: con la minigonna),




                                  due Banna e una ragazza"moderna" di città
donna Hamer con bimbo

Dunque qui convergono varie etnie diverse. Come dicevo, ci sono oltre agli Tsemay anche Ari, Benna, e Hamer. E' bello e colorato, con tante offerte sui teli stesi in terra. Dai sacchi di farina, o di  chicchi di sorgo, alle polveri di terre colorate, tinte vegetali, fasci di pali per le capanne, caffè, bracciali di metallo, collanine, tabacco, zucche vuote, tabacco, e poggiatesta, sculture, conchiglie,  ma anche infradito, scarpe, oggetti moderni vari, taniche, eccetera.



copertina di un libro divulgativo di Roberto Bosi, Giunti-Martello editori, 1978
R.Bosi è autore di un Dizionario di Etnologia e di ricerche sui Boscimani, sui Làpponi e sugli aborigeni d'Australia
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Raccomando a chi voglia fare questo viaggio di attenersi a delle ovvie e semplici regole di attenzione.  Cioè: fuori AddisAbeba e comunque almeno a partire da dopo Arba Minch, bere soltanto acqua minerale in bottigliette industriali (sono prodotte in Etiopia); quando ve la portano controllare che sia sigillata, e aprirla voi stessi. Lavarsi i denti con l'acqua di bottiglia e mai con quella del rubinetto (anche se ci fosse un filtro). Non mangiare mai verdure crude, o carne o pesce crudo. Ricordarsi di dire di non mettere ghiaccio nel bicchiere d'acqua, mai né ghiaccio, né ghiaccioli, né gelati. Controllare se il bicchiere ha odore di lavatura di piatti, e controllare le posate, specie le forchette. E dare una attenta occhiata al tovagliolo. Controllare che la carne sia ben cotta dentro. Preferire cibo arrosto, al forno, o alla griglia. O cibi bolliti e lessi. Forse è meglio evitare polpette, o cibi di cui non si vede e non si conosce l'origine, la composizione e la preparazione. 
Lavarsi le mani il più spesso possibile; mai toccarsi gli occhi se non dopo essersi lavati le mani. 
Mangiare in modo parco anche se si ha fame. E bere molto (acqua o bibite ma in bottiglia sigillata).

Dette così sembrano regole da maniaco, ma in realtà sono attenzioni molto semplici e importanti, da osservare senza viverle come una ossessione, ma con tranquillità. E' sempre importante fare il possibile per prevenire, anziché contorcersi per il mal di pancia, o farsi venire la dissenteria, o la febbre, o una banale infezione. (Se doveste avere diarrea e contemporaneamente vomito continuo, assumere con urgenza sali minerali, e integratori.  E consultare un medico prima di debilitarsi troppo).

Ma in realtà, nella quasi totalità dei casi, non c'è proprio nulla di cui preoccuparsi. Basta stare un po' attenti a certe cose, dato che si attraversa un territorio carente dal punto di vista sanitario, e in cui si entra in contatto con tanta gente diversa che vive in condizioni disagevoli (comunemente nei villaggi e nei paesi, ma anche nei borghi e nelle cittadine, non hanno il gabinetto,  né ovviamente la carta igienica, e data la carenza d'acqua si lavano raramente le mani).

(continua)

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