domenica 17 settembre 2017

Viaggio in Etiopia - foto 9 (un villaggio Mursi) 160 km

venerdì 25 agosto
Oggi andiamo al Mago National Natural Park, con le solite strade di terra dissestate dalla stagione delle piogge appena conclusasi.
Al posto di blocco, cercano di approfittare chiedendo molto di più di quel che era stato pattuito, e che è la regolare tariffa (cioè chiedono il doppio).
Avevamo ascoltato tanti commenti negativi o comunque critici, che a questo punto forse siamo già un po' prevenuti. Sembra che i Mursi siano aggressivi di carattere, o con atteggiamento dispregiativo verso gli stranieri.

VISITA AD UN VILLAGGIO DEL POPOLO MURSI
Con certi progetti di sviluppo e cooperazione si è migliorata e ultimata questa sterrata che va fino ad un borgo. Ci sono strabilianti paesaggi.


è nella pianura là sotto

Il villaggio che vedremo è situato giù nella pianura dietro a questi monti, quindi in realtà ci vorrà ancora del tempo prima di arrivare. E' quasi alla fine del Parco naturale nazionale "Mago" e dove inizia il Tama Wildlife Reserve, che è lungo il fiume Omo.


un gruppo di vigilanza lungo la sterrata, sul "confine" del loro territorio

Nel percorso spuntano lungo il ciglio della strada diversi ragazzini che per farsi notare si sono dipinti con pittura bianca dei segni sul corpo.


bambini dipinti




il villaggio vicino

Finalmente arriviamo, al posteggio veniamo subito accolti dalle guardie del villaggio, e guardati con sospetto da curiosi forse del villaggio vicino.  

Scendiamo e ci accodiamo ad una famigliola di europei cui siamo stati come "abbinati".

guide e guardie del villaggio al parcheggio auto


un curioso
un altro avvolto in una coperta da letto in pile sintetico colorato (già visti a Jinka)


ci avviamo a piedi, mantenendo un po' di distanza da quegli altri a noi "abbinati"

Andiamo con la nostra guida locale che ci spiega e traduce, e con la scorta di un mursi armato di fucile.
C'è anche una donna col piattello labiale (con disegni geometrici) chiamato "debbi".


Subito veniamo circondati da persone del villaggio che ci chiedono insistentemente di fotografarli (jallùh), e che per l'occasione si sono agghindati a festa.

 ragazzina

 bambini con corna di facocero

 tukul circolare di fango, sterco e paglia
 piccole capanne di paglia a calotta, e donna dinnanzi all'entrata, con piattello labiale
altre capannine di canne di bamboo ripiegate e tenute da cordami, e poi ricoperte di  paglia

Sconcertanti e penosi quei covoni di paglia semisferici, dentro cui si intrufolano per dormire la notte 

una "vecchia", chiaramente ubriaca fradicia (di birra di sorgo)


per attirare l'attenzione e farsi fotografare si mettono in testa qualsiasi cosa

 una bambina con zanne di facocero
un'altra ragazzina. A volte gli ornamenti sono di effetto e denotano creatività artistica



(foto ETO)


Siccome mi aveva stancato il giochino di fare foto a pagamento di statuine che si mettono in posa, mentre negli altri villaggi ho preferito scattare immagini spontanee di vita quotidiana, non ho fatto foto alle famose e super fotografate donne mursi con il noto piattello al labbro inferiore (che si trovano in abbondanza sul web e in ogni dove), e poi mi ripugnava accettarle e renderle oggetto di curiosità fotografica. Per cui riporto qui alcune immagini riprese da altri:

(HTRT post cards)
                                                                                                                                                         (foto D.Willetts, Camerapix)
a sinistra il piattello è addirittura nel labbro superiore, a destra quello più comune inserito nel labbro inferiore                                                                                                                                   


(foto ripresa da internet)

E' questa certo l'usanza più strana per noi e disgustosa, che ha reso così famosi i Mursi, quasi un simbolo della loro "primitività". 

immagine da un manifesto con una vecchia fotografia

In realtà non sono gli unici, per es. anche i Bodi e gli Hamer praticano decorazioni e deformazioni o scarificazioni del corpo a fini estetici, e i Karo e i Nyangatom usano il body painting.
Molti/e hanno delle protuberanze sulla pelle che vanno a formare un disegno, sulla schiena o sulle spalle o sul ventre. Si tratta di incisioni cutanee dentro cui vengono inseriti dei chicchi di riso, in modo che una volta rimarginatasi la ferita, divengono come dei ponfi che nell'insieme danno forma a delle linee e dei disegni di significato simbolico.

Una inchiesta riportata al Museo Etnografico di Jinka riferisce che oggi anche molte giovani mursi considerano ormai l' usanza del piattello come socialmente retrograda e segno di arretratezza culturale, per cui alcune la rifiutano. 



donna senza il piattello (foto da: africageographic.com)

Oltretutto in molti casi per farci stare il piattello rotondo, si procede alla estrazione (o demolizione) dei due denti incisivi inferiori, in molti casi già da quando è completata la seconda dentizione... 

Questa visita è stata certo diversa da quelle gradevolissime in altri villaggi (e anche in altri che vedremo in seguito), ed è stata guastata dal pretesa di farsi pagare per le foto, e anche dal carattere artificioso e falsato della visita che non era un incontro con persone, ma solo un pretesto per chiedere denaro. Oltretutto le prime foto che ho fatto erano appunto di individui in posa come statuine, e gli addobbi erano stati messi apposta per attirar foto, quindi al di fuori della loro quotidianità. Il che mi ha disturbato, e così confesso che ho scattato alcune foto "di nascosto" mentre non se ne accorgevano. E questo non per risparmiare i 5 birr a testa ( equivalenti a 18 centesimi di €uro), ma per una mia presa di posizione contestativa di questo andazzo della spettacolarizzazione delle tradizioni per far soldi. 
Alla fine, ritornati allo spiazzo del parking, la guida mi ha ossessionato per avere una mancia (oltre quello che l'agenzia già ha pagato per il suo lavoro), e un regalo di un oggetto o un capo di vestiario. Infine devo dire che in effetti erano tutti molto insistenti e pressanti nelle richieste  (gridando you! you! photo!). E qui tutti ci chiamavano ferenji, estranei (termine derivato dal nome con cui i musulmani chiamavano i crociati europei, i franchi,  franji). Urlano soltanto money, money (come nella canzone cantata da Liza Minnelli), ma da come vivono non risulta chiaro che cosa poi comprino con quei money, forse solo birra...  Ad un certo punto una dice a Annalisa: "regalami una Tshirt!", "mi dispiace non ne ho da darti", "allora dammi questa che indossi!", ....eh no! sembra gente strafottente (o troppo ignorante da non avere notato come si vestono gli stranieri).

Ma in definitiva il punto principale è che in questo modo non c'è stato nessun tipo di rapporto tra noi e loro, addirittura nemmeno con i bambini. Peccato. Sono dunque molto chiusi in sé stessi, oppure incapaci di relazionarsi con quelli da cui vorrebbero avere pagamenti, e regali. 


la loro specialità è che sanno adornarsi con grande effetto estetico.

(jimmynelson.com)


L'unica persona con cui si è intrecciato un rapporto in una piacevole chiacchierata, è stato un omone grande e grosso a piedi scalzi con addosso una coperta in pile, il quale è l'intellettuale di questo popolo. Non solo ha studiato, ma ha anche vissuto qualche anno in Australia. Ora è considerato un po' un portavoce dei Mursi, ed è stato consultato anche dai deputati della Camera delle Nazionalità, e anche a livello governativo. Izack lo aveva incontrato ad Addis vestito con giacca, camicia bianca, e scarpe. 
Lui è ritornato al villaggio per aiutare la propria gente. Dice di essere ritornato volontariamente presso il suo popolo per esser utile. Izack che è presente, dice che c'è una ONG australiana qui vicino, e che lui è sempre stato là con loro, è stato educato e istruito da loro (cioè vuole dire che è stato assimilato e integrato nella cultura britannica).




punto di vedetta (foto di G.Giansanti, riferita ai Mursi)

(che assomiglia a questa foto di copertina dell'autobiografia di I.Eibl-Eibensfeldt)



tipico bracciale Mursi a forma di cuore, che forse in origine gli uomini usavano anche tenendolo in bocca a fior di labbra, per sembrare più minacciosi, come in questa foto sotto:
dal bellissimo volume fotografico di Gianni Giansanti, 2004 (retrocopertina)





Infine arriva un altro fuoristrada portando due spagnoli, e poco dopo anche uno con due francesi, proprio quelli per i quali abbiamo dovuto aspettare al posto di blocco, benché noi fossimo giunti per primi. In tutto quindi ci sono ormai ben 7 altri turisti. A quel punto ritengo che come visitatori stranieri siamo decisamente in troppi, e preferiamo venir via.

Ce ne andiamo, ed eccoci ritornati a Jinka nel "migliore" punto-ristoro del luogo, dove tutti mangiano con le mani da piatti in comune. 

(continua)

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